Galleria di gatti neri :
https://www.ilgiardinodellacultura.com/2019/11/19/gatti-neri-10-curiosita-che-forse-non-sapevi/
Prima lusingare, e poi graffiare, è arte dei gatti
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Un gatto, quando entra in una stanza e cammina lentamente, lascia sempre dietro a sè un certo velo di mistero. Sono felini talmente eleganti e maestosi, a volte anche sopra le righe, che sembra non si scompongano per nulla e niente gli importi di ciò che accade intorno. Forse è per questo che le leggende, i miti e le superstizioni su di loro sono tante e non mancano mai!
Il gatto vive da millenni al nostro fianco ma, chissà perchè, soprattutto in certe epoche storiche come il Medioevo, ne siamo diventati nemici. Eppure i gatti avevano una grande utilità, mangiando i topi che portavano epidemie e si cibavano dei nostri alimenti.
Inutile dire quanto sia sciocco pensare che un gatto possa portare sfortuna, a noi piace invece credere in tutte quelle leggende che ci invitano a vederlo come un animale fortunato, e vi assicuriamo che chi può condividere la propria vita con un gatto, ha davvero fatto bingo!
Questi felini domestici hanno davvero origini antichissime. Già nell’antico Egitto i faraoni si circondavano di questi splendidi ed eleganti animali, considerandoli sacri, personificandoli in alcuni Dei, e arrivando a punire severamente chiunque osasse fare loro del male. Molti infatti sono i gatti ritratti nei geroglifici egizi o ritrovati mummificati a fianco dei Faraoni nelle piramidi. Una leggenda narra che i gatti poi, dall’Egitto, siano arrivati in Europa grazie al figlio di un Faraone, che scappò con la sua amata in Portogallo, dando così origine alla nascita del nostro gatto europeo.
Anche nell’antica Roma i gatti, soprattutto quelli neri, erano considerati un simbolo positivo. Aiutavano a controllare il numero di topi e a tenerli lontani dalle provviste di cibo, tanto che, quando purtroppo un gatto moriva, veniva cremato e le sue ceneri sparse nei campi, per dissipare le erbacce e come buon auspicio di raccolto.
Alla faccia del gatto nero che noi temiamo tanto, in realtà, se analizziamo bene la storia, spesso in tutto il mondo il gatto viene considerato un animale positivo, che porta fortuna ed è di buon auspicio.

E noi vogliamo partire proprio dalle tante leggende belle che circolano su questi animali. Dal fatto, per esempio, che hanno scampato la loro estinzione grazie all’amore che i contadini avevano per loro. Mentre in città venivano messi al rogo insieme alle streghe, perché considerati animali oscuri, nelle campagne gli abitanti dei villaggi invece li amavano e li tenevano in casa, sapendo bene quanto fossero utili!
E siamo anche d’accordissimo con le credenze anglosassoni che vedono il gatto, soprattutto quello nero, portare fortuna alle donne sole, essendo di buon auspicio per nuove romantiche conoscenze e matrimoni in vista.
Purtroppo è stato in particolare il Medioevo che ha costruito questa aura negativa intorno al maestoso felino, associandolo all’oscuro, alle streghe e al Demonio. A noi che li amiamo sembra un’assurdità, e lo è, ma agli occhi di quei popoli, che vivevano ancora nell’ignoranza, questa credenza poteva avere un fondo di verità, perchè era legata a reali accadimenti.
Ad esempio si racconta di come i gatti neri venissero liberati nelle stive delle navi dei pirati. Con il loro mantello color notte potevano aggirarsi nell’oscurità e catturare i topi. Quando però i galeoni attraccavano nei porti, e i pirati scendevano per saccheggiare le città, anche i gatti scappavano sulla terraferma. Il popolo aveva quindi associato la vista di un gatto nero con il presagio di un pericolo imminente, di scorribande, saccheggi e confusione.
Sappiamo bene quale sia l’indole del gatto: animale notturno e cacciatore. Quando però questi felini di notte si aggiravano per le strade venivano accecati dalle luci delle carrozze. I cavalli, vedendo solo i loro occhi brillanti e immobili sulla strada, si imbizzarrivano e creavano incidenti. Ecco quindi che per i viaggiatori la presenza dei gatti era vista come la possibilità di scompiglio, pensando quindi che portassero sfortuna.
Associarli poi alle streghe forse veniva naturale perché, a differenza di altri animali come il cane, l’asino o il cavallo, che bene o male tutti riuscivano ad addomesticare, il gatto è sempre stato (e sarà sempre) un animale molto indipendente!
Noi adoriamo il fatto che anche Maometto amava così tanto la compagnia della sua gatta, al punto di donare a tutti questi felini, così dice la leggenda, nove vite e un posto assicurato in Paradiso!
Lo sapevate poi che nell’Arca, durante il diluvio universale, i topi si erano riprodotti così tanto che Noè non sapeva più che fare? Il Signore allora, da uno starnuto del leone, creò due gatti, che riportarono subito alla normalità il numero dei topi.
I salici sul fiume invece, hanno i loro rami ricurvi nell’acqua per salvare dei micetti gettati nell’acqua dal padrone di una gatta che miagolava disperata. Per questo in primavera i salici fioriscono ricoperti di peluria, proprio come il mantello dei gattini.

Il gatto nero rappresenta oggi un emblema, sia positivo che, purtroppo, negativo. Festeggiare questo giorno, il 17 novembre di ogni anno, per noi significa soprattutto informare:
Insomma, per noi i gatti, di qualunque colore siano, portano solo un sacco di fortuna e di amore nelle vite di chi li ospita in casa. E’ vero, forse un gatto non sarà mai fedele come un cane, ma l’aura di mistero, di eleganza e di fascino che porta con sé, è davvero qualcosa di ammaliante…


Nell’antica società egizia, i gatti godevano di uno status a dir poco speciale: considerati animali sacri, oltre che utilissimi cacciatori di topi, esercitavano una profonda influenza sulla vita quotidiana delle persone. Scopriamo insieme perché venivano considerati “animali sacri” e in che modo erano venerati i gatti nell’antico Egitto.
Una volta, il noto autore fantasy Terry Pratchett disse: “Nei tempi antichi, i gatti erano venerati come divinità, e non l’hanno dimenticato.”. Molte persone sarebbero assolutamente d’accordo con Pratchett: i gatti sembrano essere molto consapevoli del fascino che esercitano sulle persone e si comportano spesso come divinità della casa.
La parola egiziana per gatto è “Mau”. Diversi antichi dipinti murali ci mostrano i ritratti di questi famosi cacciatori di topi, i quali appaiono come piccoli felini snelli, con la testa appuntita e i grandi occhi a mandorla.
Ai giorni nostri, quella del Mau egiziano è una razza felina riconosciuta, che conquista ancora molti appassionati, grazie alla sua natura vivace, affettuosa e socievole.

Già qualcosa come 5000 anni fa, gli antenati dei nostri gatti domestici conquistavano il cuore degli antichi egiziani.
Gli esperti presumono che l’antenato selvatico dell’odierno gatto domestico (il Gatto Selvatico Africano) si sia unito alle persone volontariamente. Quindi, il gatto è considerato l’unico animale che si sia addomesticato in maniera spontanea.
Abbiamo diverse prove del fatto che, alcune migliaia di anni fa, i gatti vivessero insieme agli esseri umani anche nell’area della Mesopotamia storica, in Anatolia, Giordania e Cipro: analogamente, pare che venissero adorati attraverso culti a loro dedicati..
Nell’antico Egitto, furono probabilmente i granai pieni di cibo a suscitare l’interesse del Gatto Selvatico Africano, perché offrivano la possibilità di cacciare tanti topi e altri piccoli roditori. Questa loro propensione alla caccia finì rapidamente per essere apprezzata anche dagli esseri umani.
Nell’antico Egitto, i templi erano spesso colpiti da vere e proprie invasioni di topi, e in quel modo i gatti potevano soddisfare il loro innato istinto predatorio.
Visto che questi felini belli ed eleganti erano in grado di liberare i luoghi sacri da topi e parassiti, come pure le preziose scorte di cibo stipate nei granai, la considerazione dei gatti da parte degli Egiziani nell’Antico Regno (intorno al 2700-2200 a.C.) iniziò ad essere altissima.
Ad un certo punto, quindi, gli egiziani decisero di aprire la loro porta di casa e il loro cuore a questi piccoli felini: in men che non si dica, i gatti divennero a pieno titolo membri delle famiglie egizie. Venivano accuditi con amore e ricoperti di attenzioni: le raffigurazioni antiche ci mostrano gatti che indossano preziosi collari e che mangiano cibo da un ciotola.
Il famoso storico greco Erodoto ci racconta che in Egitto, quando moriva un gatto, tutti in casa si radevano le sopracciglia in segno di lutto. Si viveva la morte del gatto in maniera del tutto analoga a quella degli altri familiari.
Le persone che potevano permetterselo, facevano addirittura imbalsamare il loro aMicio e ne disponevano la sepoltura all’interno di una speciale camera mortuaria.
A volte, gli egiziani più benestanti si facevano seppellire insieme ai loro gatti per potersi ricongiungere con loro nell’aldilà. A questo scopo, nell’antico Egitto i gatti venivano mummificati e sepolti all’interno di speciali camere sepolcrali, in parte anche per sacrificarli alla dea gatta Bastet.

Un numero particolarmente elevato di mummie di gatti è stato rinvenuto nell’antica città egiziana di Bubastis. La ragione di ciò risiede nel fatto che, anticamente, in quella città sorgeva il tempio della dea gatta Bastet.
Quest’ultima era la figlia del dio del sole, Ra, e veniva spesso raffigurata dagli Egizi con le sembianze di un gatto o con quelle di una donna con la testa di un gatto.
Nell’antica religione egiziana, la dolce Bastet era conosciuta anche come la dea dell’amore, della sessualità e della fertilità, nonché come la dea della gioia, della musica e della danza. Era considerata la protettrice delle donne incinte e una delle madri simboliche del faraone.
Due volte l’anno si celebrava l’originalissimo festival di Bastet, dove scorrevano fiumi di birra e di vino.
Bastet non era l’unica divinità a possedere sembianze feline: anche la dea della guerra Sekhmet e Tefnut, una delle nove divinità creatrici, venivano comunemente rappresentate come leonesse o gatte.
Nell’Antico Egitto, i gatti non solo erano amati e coccolati: in un’epoca più tarda (a partire dal 664 e sino 332 a.C. circa) gli affascinanti felini domestici venivano addirittura venerati. A conferma di ciò, basti tenere presente il fatto che alcuni sacerdoti allevavano questi animali sacri nei templi per poi venderli agli appassionati dei gatti.
Quello che oggi ci sembra inimmaginabile e ci fa rabbrividire è il fatto che i gatti venissero sacrificati alla dea Bastet, per poi essere sepolti in appositi cimiteri; tutto questo avveniva allo scopo di compiacere la divinità. Va detto, tuttavia, che a parte questo atto rituale, uccidere un gatto era vietato.
Anzi, si dice addirittura che, durante i frequenti incendi domestici, diverse persone abbiano salvato i loro gatti addirittura prima di prendersi cura dei propri figli e dei beni materiali.
Ai giorni nostri, purtroppo, gli aMici egiziani hanno molte più difficoltà dei loro antenati sacri. Soprattutto quelli randagi, sono costretti a vivere in condizioni di autentica miseria: non esistono leggi che li proteggano, per cui vengono spesso avvelenati o uccisi.
Le organizzazioni internazionali per la protezione degli animali cercano da anni di alleviare le sofferenze di questi piccoli aMici conducendo campagne per favorire la castrazione e far adottare quanti più gatti possibili da famiglie adottive di altri Paesi.
In Italia, ai giorni nostri, i gatti non sono venerati come divinità, ma hanno di certo conquistato un posto di tutti rispetto, nei cuori e sui divani di tantissimi italiani. Sono infatti tra i 10 e i 15 milioni i mici registrati sul nostro territorio, e moltissimi sono quelli non registrati, ma inseriti felicemente all’interno di una famiglia, che se ne prende cura.
Al pari e forse ancor più del cane, il gatto rimane un animale domestico molto popolare, nel nostro Paese, in grado di farsi amare dalle persone in una maniera del tutto speciale.
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